Focus On Licenziamento illegittimo

Le principali caratteristiche del licenziamento illegittimo, ovvero il recesso dal rapporto di lavoro esercitato dal datore di lavoro

Licenziamento illegittimo

Il licenziamento è il recesso dal rapporto di lavoro esercitato dal datore di lavoro.

La disciplina di riferimento è costituita dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (L. n. 300/1970) e dalla Legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificati dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92, ai quali si è affiancato il Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, avente ad oggetto le disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato cosiddetto “a tutele crescenti”. Queste ultime si applicano ai casi di licenziamento di lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015.

Pertanto, allo stato attuale, sono vigenti parallelamente due regimi normativi:

  • uno riguardante i casi di licenziamento di lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, nonché della L. n. 604/1966, come novellate dalla L. n. 92/2012;
  • l’altro relativo ai casi di licenziamento di lavoratori con contratto a tempo indeterminato “a tutele crescenti”, assunti successivamente al 7 marzo 2015, regolati dalle previsioni del D.Lgs. n. 23/2015.

In sintesi, la Legge 28 giugno 2012, n. 92 è intervenuta sull’impianto normativo originario introducendo le seguenti modifiche:

  • ha riformato l’originario testo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, stabilendo una graduazione delle sanzioni in relazione alla natura dei vizi del licenziamento;
  • con riferimento ai casi di licenziamento intimato per ragioni economiche da parte dei datori di lavoro con i requisiti dimensionali di cui all’art. 18, comma 8, dello Statuto dei Lavoratori (e, cioè, i datori di lavoro con più di 15 dipendenti nell’unità produttiva o nell’ambito comunale – più di 5 dipendenti se imprenditori agricoli – o, in ogni caso, più di 60 dipendenti su base nazionale), ha introdotto una procedura di conciliazione obbligatoria, propedeutica al licenziamento, contenuta nel novellato art. 7 della Legge n. 604/1966, che deve essere attivata dinanzi all'Ispettorato Territoriale del Lavoro (ex DTL);
  • ha previsto l’obbligo di comunicazione per iscritto (nella lettera di licenziamento) delle motivazioni che hanno determinato il recesso, a pena di inefficacia del licenziamento (art. 2 L. n. 604/1966);
  • ha previsto che l’impugnazione del licenziamento deve avvenire con qualunque atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale, a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento. L’impugnazione è inefficace se, entro i successivi 180 giorni, non viene depositato il ricorso nella cancelleria del Tribunale competente, oppure se non viene inviata alla controparte una richiesta di conciliazione o di arbitrato. Inoltre, qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso deve essere depositato in Tribunale a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo (art. 6 L. n. 604/1966).

Il Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23 ha, invece, introdotto un nuovo regime in tema di licenziamento per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato “a tutele crescenti” a partire dal 7 marzo 2015.

Di seguito, le principali caratteristiche:

  • in caso di licenziamento illegittimo, è privilegiata la tutela indennitaria rispetto a quella reintegratoria;
  • è prevista una correlazione tra la misura dell’indennizzo economico e l’anzianità aziendale (sebbene la Consulta abbia dichiarato incostituzionale il riferimento al solo parametro dell’anzianità di servizio, e, attualmente, il Giudice dovrà valutare anche altri criteri individuabili nel numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti), ragione per la quale il rapporto di lavoro a tempo indeterminato è definito “a tutele crescenti”;
  • nel caso in cui il licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo o per giusta causa sia dichiarato illegittimo dal giudice, il datore di lavoro è tenuto al pagamento in favore del lavoratore di un’indennità di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità (art. 3, come riformato dal Decreto Legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito con modificazioni in Legge 9 agosto 2018, n. 96);
  • resta applicabile la tutela reintegratoria qualora il licenziamento sia discriminatorio, nei casi di nullità stabiliti espressamente dalla legge (ad esempio, licenziamento della lavoratrice a causa di matrimonio o della lavoratrice madre ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001), nel caso in cui il licenziamento sia stato intimato in forma orale, in caso di insussistenza del fatto materiale contestato nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, nei casi di licenziamento illegittimo per difetto del motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (art. 2 e art. 3, comma 2);
  • si prevede la possibilità per il datore di lavoro di revocare il licenziamento entro 15 giorni dal momento in cui riceve la comunicazione dell’impugnazione da parte del lavoratore. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore a percepire la retribuzione maturata prima della revoca (art. 5).

 

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